Intervista a Paolo Carini, volontario Cadash

Cosa ti ha spinto a diventare volontario presso Cadash Viscontea ODV, da quanto tempo partecipi a questo progetto e quale aspetto del tuo ruolo ti appassiona di più?

«Dico prima chi sono e cosa faccio. Paolo Carini, 64 anni, sposato, giornalista per Mondo Padano, volontario di Cadash e dirigente del Torrazzo con la squadra juniores. Più che dirigente mi ritengo un suggeritore dell’allenatore perché ho due schemi infallibili su calcio d’angolo e non riesco mai a concretizzarli. Gli anni con il Torrazzo, il lavoro di giornalista e i 16 anni passati in Africa da volontario, sono i temi che hanno caratterizzato la mia vita fino ad oggi. E sono quelli che potrei raccontare. Nel resto, non credo di avere altre competenze. Mio padre mi mandò a 14 anni a fare un mese come apprendista fabbro perché si era accorto che mi mancavano capacità pratiche. E continuano a mancarmi».

Quando sei entrato in Cadash?

«Sono amico di Giuseppe Garioni, che di Cadash è stato il fondatore, da quando avevamo 18 e 17 anni: lui è più giovane. A 20 e 19 abbiamo fondato il Torrazzo dopo un torneo inter-oratoriano che aveva sfidato le regole ferree del Csi. Ma mi accorgo che devo sintetizzare. Dopo i primi 10 anni in Africa, Giuseppe mi aveva proposto di lavorare a tempo pieno per l’associazione. L’ho fatto per 20 mesi, poi sono ripartito per il Burundi. Dopo altri 3 anni in Africa, al ritorno ho chiesto io di fare qualche giro perché il compenso per il mio lavoro giornalistico era basso. I rimborsi di Cadash servivano per arrotondare».

Quali sono le sfide principali che hai incontrato nel tuo ruolo di coordinamento delle attività di trasporto sociale?

«La prima sfida è quella di completare tutte le caselle dei giri nei 5 giorni della settimana: autista più assistente. Pensavo di non farcela, 3 anni fa, quando ho raccolto l’incarico da Giuseppe. Ma anche Maurizio Pagliarini pensava di non riuscirci prima di sostituirmi in agosto. Invece, c’è riuscito. Cerchiamo sempre di mantenere la funzione sociale di Cadash; consapevoli di dover accettare dei compromessi, continuiamo comunque a chiudere tutte le caselle».

Puoi raccontarci di un progetto o un'iniziativa recente di cui sei particolarmente fiero?

«In ambito Cadash, non mi pare di aver portato avanti delle iniziative. Seguo da vicino la vicenda dei richiedenti asilo che fanno gli assistenti sui giri. Mi dico che meritano un po’ di fortuna, ma ho seri dubbi sull’esito della loro domanda di asilo. Purtroppo».

In che modo i cittadini possono essere più attivi nel supportare le vostre iniziative? Ci sono particolari modi in cui possono contribuire anche senza diventare volontari?

«Il volontariato è una ricchezza della nostra società. Ci sono persone che definiremmo “brave”, sono molto più di quanto immaginiamo. Ognuno si dedica ad un settore particolare, a volte può esserci capitato in modo casuale (o per via provvidenziale). Ricordo un convegno della Caritas a Roma, nel 1980, in cui proponeva come esempio l’associazione Donatori del tempo libero, che allora era nata da poco a Cremona. Quando, a 22 anni, ho cominciato a lavorare al giornale La Provincia, Anselmo Pattoni, che dei Donatori è stato l’anima per tanti anni, era da poco andato in pensione come tipografo. Ma tutti lo ricordavano per la sua grande generosità. Sarà poi arrivato il tempo, anche per lui, di sentirsi non capito nell’associazione, lasciare spazio ad altri e tentare altre proposte. Ricordo che a Costa S.Abramo aveva attrezzato alcune stanze con i computer per i più giovani».   

Puoi raccontarci di un’esperienza recente che ti ha particolarmente toccato durante il trasporto di una persona anziana o disabile? Qual è stato l’impatto che hai percepito sulla loro vita quotidiana?

«Faccio un giro del Centro diurno del Soldi da diversi anni e conosco, di alcuni utenti, vicende molto personali. Mi sembra quindi di conoscerli da più tempo ancora. Sembra strano dirlo, ma li vedo invecchiare giorno per giorno come loro vedranno il mio progressivo diventar vecchio. Osservo situazioni molto difficili e altre che sono esempi di buone relazioni familiari anche dopo i 90 anni.

Ascolto con molta curiosità, durante il tragitto, i loro racconti perché sono uno spaccato di una vita vera non ancora troppo lontana. Una signora raccontava che, nella sua famiglia, marito e un paio di figli, ospitava anche la mamma anziana. Eravamo alla fine degli Anni 60. Acquistarono la televisione e in maniera inattesa, la mamma anziana prese posizione e disse: o me, o la televisione! Loro non diedero una risposta, ma volevano tenere, evidentemente, una e l’altra. Poi, dopo qualche settimana, l’anziana mamma chiese: “Non fanno più la canzone del giorno, prima del telegiornale?” Capirono, così, che aveva fatto pace con la televisione».».

Quanto è importante, secondo te, fornire questo servizio di trasporto sociale per anziani e disabili, e come vedi il suo impatto sulla comunità locale?

«Si vedono moltissimi pulmini che girano per Cremona. Oltre ai nostri, che sono tanti, ci sono quelli di Agropolis, della Lae, della Dolce, di Sospiro che vanno a raccogliere a casa anziani e disabili. Credo sia un aiuto concreto alle famiglie, tutto a carico del Terzo settore. Lo Stato potrebbe riconoscere questo ruolo e dare qualche agevolazione. In realtà, non lo riconosce. Adesso aumenteranno le accise per il carburante, una voce che incide sensibilmente sui nostri conti».

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